Editoriale

Coronavirus Italia Europa

L’unica unione vera degli Stati uniti d’Europa l’hanno certificata gli Stati Uniti d’America. Lo hanno fatto con il vaffa secco di Trump: niente più voli per il vecchio continente.

Sono loro, gli europei, ad aver portato il contagio in occidente. In realtà, detto a mezza bocca ma condiviso dal milieu internazionale, i veri untori siamo considerati noi italiani.

La Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, come Kennedy al Muro di Berlino dice nella nostra lingua che tutti gli europei sono italiani.

Un passo più in là dalla retorica, e ricordando che le scelte di emergenza sanitaria sono nazionali, a me sembra che le nostre misure contro il coronavirus siano abnormi rispetto al resto del continente. La prima dissonanza è nei numeri.

Per essere un virus che si muove in un mondo globalizzato, essere secondi dopo la Cina per contagi e vittime fa impressione. Prima un colosso da un miliardo e mezzo quasi di persone, poi il nostro piccolissimo stivale d’Europa.

Francia, Spagna, Germania hanno circa un decimo dei nostri casi. Come mai? Consumano più vitamina C o, per caso, hanno chiuso le frontiere prima e in modo più rigido?

Amici del politically correct lasciatevi andare, anche Salvini è stato superato a destra dalla furbizia degli scafisti, che portano i migranti in Grecia, più povera ma meno infetta di noi.

Veniamo allo sport, da Olimpia in poi simbolo dell’uguaglianza dei popoli. L’altra sera con mio figlio, entrambi in apnea da pallone, abbiamo visto il Cholo Simeone arringare i tifosi mentre il suo Atletico Madrid espugnava uno dei templi del calcio, lo stadio del Liverpool.

C’e la Brexit è vero, ma la Champions League è il massimo trofeo continentale di calcio, gestito dalla massima autorità continentale in materia, l’UEFA.

La sera prima, nel modernissimo impianto tedesco del Lipsia, stessa cosa: inquadrature di tifosi in festa, bambini stretti ai genitori, fidanzati che, udite udite, si baciavano. Fotogrammi di una democrazia per noi in questo momento irreale.

Nello stesso momento, per dire della mancanza di uniformità delle scelte, la nostra grande Bergamo del calcio vinceva a Valencia in uno stadio vuoto. Ogni volta che Ilicic segnava si sentiva la potenza fisica del gol nel silenzio surreale.

Le partite di ieri di Europa League delle italiane sono state rimandate, nessuno viene più da noi, nessuno ci vuole più da loro. Campionato a rischio, come quando c’era la guerra vera, non quella metaforica degli opinionisti. Ma tutti zitti sugli Europei che dovrebbero iniziare guarda un po’ proprio a Roma a giugno.

Concludiamo con lo stile di vita. Noi per portare il cane a fare i suoi bisogni dobbiamo avere l’autocertificazione, a Parigi, Berlino, Vienna, Amsterdam vanno a ballare, mangiare, fare l’amore come gli va. Ai virus piacciono di più gli italiani?

I  colleghi europei non dicono la verità? Sono pazzi? Hanno altre classificazioni, magari meno mediaticamente apocalittiche?

In Germania, da cui sarebbe partito il primo untore,  gli anziani che muoiono di polmonite pare non siano schedati come vittime del coronavirus.

Orecchie lunghissime o microspie avrebbero captato una Merkel catastrofista, 60, 70% della popolazione colpita a breve. Ma niente decreti che sospendono di fatto la macchina democratica come da noi.

Speriamo che i nostri sacrifici servano, i morti quotidiani dicono per ora di no. Ma di qui a un mese speriamo con tutte le forze di farcela!

Quando allora presenteremo il conto all’Europa e l’Europa ce lo chiederà a noi, sarebbe bello sentire ancora la Von der Leyen dire in italiano che il tetto del nostro deficit potrà essere sforato.

E di molto!       

Claudio Brachino         

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